Psicoterapia del terrorismo

A meno di 24 ore dagli attentati a Parigi, è assolutamente impossibile spiegare, o anche solo giustificare quanto fatto da un gruppo di persone, probabilmente integralisti islamici, che possono solo essere condannati.Non intendo dunque entrare in contorti ragionamenti che tentino di spiegare un gesto così immorale, incivile e contrario a qualsiasi religione. Se un attentato terroristico può ragionevolmente essere considerato un comportamento altamente disfunzionale e, per certi versi patologico, penso possa essere interessante invece ragionare sulla psicoterapia del terrorismo, cioè su cosa si può fare per prevenire e contrastare tali eventi.Molti esponenti politici hanno indicato varie terapie del terrorismo, che vanno dai bombardamenti di massa dei paesi islamici, fino all’integrazione indiscriminata di ogni straniero, ma nessuno si è ancora posto il quesito principale: perché una persona decide coscientemente di uccidere e farsi uccidere?

L’Italia ha già vissuto la piaga del terrorismo politico negli anni 70, quando gruppi di nostri cittadini ritenevano che non valesse la pena vivere nella società dell’epoca, e solo con la violenza si potesse cambiare società. Oggi gli integralisti islamici hanno esasperato questo concetto, arrivando a preferire morire, piuttosto che vivere in una società occidentalizzata. Se partiamo quindi dal presupposto che un terrorista uccide perché vede la morte come alternativa migliore rispetto alla vita (ed in questo gli integralisti sono bravissimi nel plagiare le menti) cosa potrebbe provocare un bombardamento di massa dei paesi islamici? Probabilmente solo altro disinteresse alla vita, e nuovi aspiranti suicidi.Dobbiamo allora integrare tutti indistintamente e rinunciare alla nostra identità nazionale, conquistata con oltre duemila anni di lotte? Nemmeno a pensarci.

Personalmente non ritengo che la mediazione culturale (intesa come una rinuncia parziale da entrambe le parti, per arrivare ad un compromesso) possa essere utile. Ritengo serva una negoziazione culturale, cioè rendere accettabile anche per il mondo integralista la democrazia, la divisione dei poteri ed il rispetto della vita umana.Una guerra classica contro terroristi che non hanno uniforme è un’utopia irrealizzabile e inutile, ma una battaglia culturale si. Facciamo in modo che anche gli integralisti, come ogni persona sana, preferiscano la vita alla morte: diamo loro l’umanesimo, la scienza e la medicina moderna, una nutrizione adeguata, e i loro figli vivranno. Costa meno inviare cibo che bombe nei paesi islamici. Nel contempo ricerchiamo i capi integralisti, catturiamoli con l’intelligence e mettiamoli in condizione di non nuocere.Quando una persona riconosce la sacralità della vita, quando la vita è migliore della morte, la scelta è facile. E non parlo solo di poveracci che abitano in zone di guerra o povere, in quanto l’interpretazione della propria condizione di vita è molto soggettiva e va considerata caso per caso ( lo stesso Bin Laden era figlio di ricchi imprenditori, ma riteneva la vita occidentale indegna di essere vissuta).Un’integrazione fatta attraverso la negoziazione, mettendo uno straniero nelle condizioni di poter accettare i diritti universali dell’uomo, non è solo un dovere morale dei paesi sviluppati, ma anche l’unico modo utile per difendersi da integralisti infami che, ad oggi, hanno fatto molti più morti tra gli stessi paesi islamici, che non in Europa. La nostra prima linea di difesa contro il terrorismo deve essere proprio una comunità di moderati,capaci di dissuadere certi soggetti, prima ancora che possano solo pensare di compiere atti terroristici. Non dico di scendere a compromessi inaccettabili, ma rendere accettabile per una persona integralista vivere da moderato, come succede per la maggioranza dei musulmani europei. Siamo uno dei paesi più civili del mondo, e dobbiamo combattere il terrorismo non con il terrore, ma con la civiltà, con i diritti umani e con la democrazia. Non è una guerra di religioni, ma una guerra di valori

 

Dott. Alfonso DI GIUSEPPE

Psicologo

 

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