Prevenzione della violenza di genere
In occasione della festa delle donne, ho ritenuto opportuno esaminare lo stato dell’arte in materia di cura e prevenzione del fenomeno della “violenza di genere”, proponendone una chiave di lettura psicologica e sociale, basata su alcune esperienze cliniche fatte ultimamente. Con l’espressione “violenza di genere” vengono comunemente indicati tutti quegli atti di violenza commessi nei confronti di una persona (dalla violenza fisica, a quella sessuale, fino alle violenze psicologiche), discriminata esclusivamente in base al genere sessuale. Purtroppo in Italia questo tipo di violenza esiste da sempre, e sono le donne a pagarne le conseguenze. Se fino agli anni ’80 del secolo scorso tali brutalità erano spesso taciute da parte delle vittime, da qualche anno a questa parte è aumentata la consapevolezza civile e sono gradualmente cresciuti gli strumenti di difesa, tanto da far emergere drammaticamente il fenomeno, che oggi viene denunciato nella stragrande maggioranza dei casi. Alla violenza nei confronti delle donne, si è poi oggi affiancata la violenza nei confronti di tutte quelle persone che sentono di avere un’identità di genere differente dal proprio sesso biologico, e vengono generalmente catalogati tra gli omosessuali (anche se le diversità tra gli stessi omosessuali sarebbero molteplici). Cosa fare per evitare il verificarsi di tali episodi spregevoli? Come evitare che persone indifese possano sentirsi discriminate, subire danni fisici e, in alcuni casi, morire uccise o “suicidate” dai propri aguzzini? Esistono oggi numerosi centri per la riabilitazione di persone vittime di violenza di genere, e spesso sono strutture gestite da professionisti esperti nel settore, capaci di ottenere grandi risultati sul versante riabilitativo. Ma questa è una soluzione? Personalmente credo che ci sia ben poco da riabilitare in una persona vittima di violenza di genere, in quanto non è la vittima la persona che ha difficoltà relazionali, ma il suo aguzzino. È bene che esistano centri specializzati nella riabilitazione delle vittime di violenza di genere, ma è altrettanto indispensabile elaborare strategie valide, che non si limitino a pubblicità in tv, convegni spesso deserti o corsi di formazione estemporanei. Partendo dai dati raccolti finora da innumerevoli ricerche, servirebbe capire bene il fenomeno, individuare quali potrebbero essere i soggetti a rischio di sviluppare comportamenti volti alla violenza di genere, ed intervenire su quel target con programmi educativi, riabilitazione relazionale e formazione civica. Per garantire interventi efficaci nel settore della formazione, andranno dunque coinvolti tutti gli agenti formativi presenti sul territorio, partendo dalle famiglie, per arrivare alle scuole, fino a tutti i centri di aggregazione possibile (società sportive, palestre, oratori, ecc …), per garantire un servizio capillare. Ormai non può più bastare intervenire sulle vittime della violenza di genere. Un Paese civile come il nostro deve debellare questo fenomeno vergognoso con programmi a lungo termine, che educhino gli uomini di domani (perché la violenza sulle donne è un problema degli uomini) a disprezzare qualsiasi forma di violenza nei confronti delle persone indifese. Attraverso un programma di prevenzione serio, elaborato partendo dai dati raccolti finora, potremmo festeggiare a breve la prima festa delle donne senza episodi di violenza di genere.
Buon 8 marzo 2016 a tutte e tutti.
Dott. Alfonso Di Giuseppe
Psicologo