Monello Mare: intervista al dottor Fabio Tofi
SANTA MARINELLA – Dopo 45 giorni di detenzione presso la sua abitazione, il dottor Fabio Tofi è stato rimesso in libertà. La revoca degli arresti domiciliari, firmata dal gip dottoressa Chiara Gallo del Tribunale di Civitavecchia, è stata notificata nel pomeriggio di giovedì all’avvocato Dionisi. Il gestore della casa famiglia Il Monello Mare, era stato raggiunto dal provvedimento restrittivo il 13 maggio, subito dopo il blitz compiuto dagli agenti della Questura di Roma nella struttura di via Raffaello a seguito di una denuncia presentata da un’assistente sociale di Roma che aveva raccolto le confidenze di una minorenne che era stata ospite della casa famiglia di Santa Marinella e che aveva rivelato violenze sessuali, maltrattamenti e lesioni.
Dopo aver sofferto per 45 giorni, il dottor Fabio Tofi ha tirato un sospiro di sollievo ed ha voluto raccontare a “La Provincia” il suo travaglio. “Tutto è iniziato nel 2012 quando abbiamo ospitato due ragazze con gravi problemi borderline – dice il dottor Fabio Tofi – un progetto che stava procedendo bene visto che le ragazze andavano a scuola e si erano integrate bene in comunità. Poi tutto ha cominciato a crollare. La più piccola aveva collezionato 200 giorni di assenza a scuola, l’altra non ci andava mai, per cui avevo avvertito di ciò il Tribunale dei Minorenni, il tutore e l’assistente sociale. Vista la situazione, quindi, abbiamo deciso di metterle in dimissioni perché avrebbero potuto essere un pericolo sia per le ospiti della casa famiglia che per loro stesse. Una delle due, che non aveva mai voluto farsi battezzare perché contraria alla religione, era stata mandata in un istituto religioso, coltivando quindi nei nostri confronti un senso di vendetta. Evidentemente deve aver parlato con l’assistente sociale e noi, il 13 maggio alle sei del mattino, ci siamo trovati la polizia in casa, cosa che mi ha turbato molto perché pensavo che potesse essere successo qualcosa ai miei figli, invece hanno perquisito tutta la casa e non hanno trovato nulla, anche se, sinceramente, non sapevo nemmeno che cosa cercassero. Poi mi hanno portato alla casa famiglia dove cercavano psicofarmaci e farmaci scaduti. Noi, fuori dalla struttura, ammucchiavamo cibo non utilizzato che davamo ad un signore che aveva una fattoria in collina. Allo stesso tempo avevamo dato il via ad un progetto per l’assistenza ad un bambino autistico che aveva la volontà di divertirsi con la raccolta differenziata. Infatti da scuola portava il pane che poi giravamo al fattore. Loro hanno trovato questi cibi e ce lo hanno contestato. Poi ci è stato detto che le ragazze avevano denunciato violenze sessuali e maltrattamenti. Sinceramente in un caso, io e mia moglie, eravamo in Francia, negli altri fatti contestati invece, non essendo stati datati, non so se ero presente in comunità perché spesso vado a Roma per lavoro. Un’idea comunque me la sono fatta – continua il dottor Tofi – ma considerato che tra alcuni giorni verrò interrogato non la posso dire. Non so, quando finirà questa vicenda, se continuare l’esperienza della casa famiglia. Con la mia equipe lo stiamo valutando ma abbiamo bisogno di avere garanzie, perché chiunque può accusare un operatore di violenza sessuale senza che questo possa dimostrare il contrario. Io sono contento che la magistratura stia lavorando a fondo su questa vicenda, perché è giusto così. Spero solo che dalle indagini venga fuori la verità. Fortunatamente questo difficile momento lo stiamo vivendo in casa molto bene. Mi dispiace per mia sorella che come insegnante di religione ha subito un trauma non indifferente.